Uccidere la «speranza dell’uomo». La violenza come elemento costitutivo del reato di procurato aborto nei dibattiti della penalistica italiana del secolo XIX

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Pubblicato

18-11-2025

DOI:

https://doi.org/10.63277/qspg.v6i.4419

Autori

  • Andrea Raffaele Amato Università di Macerata

Parole chiave:

Violenza, procurato aborto, dottrina penalistica italiana, età liberale (XIX-XX secolo), personificazione del feto, diritto della donna all’aborto

Abstract

Il saggio ricostruisce il dibattito sviluppatosi intorno all’inquadramento giuridico, ai limiti ed agli elementi costituitivi del reato di procurato aborto che animò alcuni dei protagonisti della scienza penalistica italiana dell’Ottocento – da Carrara a Lucchini, passando per Ambrosoli, Vigliani, Pessina, Puglia, e senza tralasciare positivisti lombrosiani come Balestrini e pratici del foro come Calogero o Mura Succo – in particolare lungo quegli anni di grande fermento culturale che dall’Unificazione nazionale condussero fino all’emanazione del Codice penale Zanardelli (1889). In questo dibattito un ruolo di primaria importanza ci sembra assumere la violenza, vero e proprio prisma luminoso nel quale si rifrange la fattispecie incriminatrice dell’aborto procurato. La violenza, infatti, venne intesa nella sua “forma giuridica” di elemento costitutivo del crimen abortivo, connotandone il carattere come reato di violenza su un’oggetto di volta in volta identificato (feto-persona, famiglia, corporeità femminile, società, maternità). Sorprendentemente, una parte rilevante della penalistica di età liberale – soprattutto quella di indole maggiormente progressista e realista, meno influenzata dalla morale cristiana e dall’ipocrisia del buon costume borghese, e più consapevole del gioco perverso di cui era vittima l’opinione pubblica – ci sembra intravedere, proprio nella violenza, il carattere fondante dell’aborto procurato come atto antigiuridico, ritenendo l’assenza di violenza (annullata dal consenso libero e volontario della donna) come la giustificazione che spiega il venir meno della stessa condotta criminosa e, conseguentemente, la sua punibilità.

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