Le amazzoni del disgelo alla Biennale di Venezia (1960-1962)/The Amazons of the Thaw at the Venice Art Biennale (1960-62)
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DOI:
https://doi.org/10.13138/2039-2362/3055Abstract
Il contributo analizza il ruolo di due storiche dell’arte russe negli anni culminanti del disgelo sovietico. Si tratta di Irina Antonova e Larisa Salmina, nominate rispettivamente nel 1960 e 1962 commissarie del padiglione sovietico alla Biennale di Venezia, unica rappresentanza nazionale a eleggere due donne nel biennio in considerazione. Benché escluse dalla fase cruciale di selezione delle opere - appannaggio dei funzionari ministeriali - Antonova e Salmina non si limitarono a mediare ed eseguire sul luogo le direttive moscovite ma agirono anche in veste di osservatrici privilegiate del circuito artistico internazionale ospitato a Venezia. In continuità l’una con l’altra, le due commissarie elaborarono proposte utili a sviluppare, da un punto di vista espositivo, narrativo e quindi educativo, un piano strategico di presentazione dell’arte sovietica all’estero, non soltanto in un’ottica di contrapposizione con i paesi capitalisti, ma anzi adottandone alcuni aspetti ritenuti adattabili alla causa nazionale e funzionali alla creazione di un’infrastruttura artistica propriamente socialista, negli stessi anni in cui l’URSS si riaffacciava sul panorama internazionale.
The article deals with the role played by two Russian art historians in the culminating years of the Khrushchev Thaw. Irina Antonova and Larisa Salmina were appointed respectively in 1960 and 1962 commissioners of the Soviet pavilion at the Venice Biennale, the only national representation to elect two women in a row. The two art historians were involved in a late stage of the making of the pavilion, that is after the crucial phase of the exhibit selection. However, benefitting from their role as observers of the international art scene hosted in Venice, they were able to conceive and develop proposals intended to provide the pavilion with a strategic plan for the presentation of Soviet art to an international audience. That happened not just by opposing the capitalistic system, but rather by adopting some of its aspects that they considered suitable to the national cause and instrumental to a better integration of a properly socialist artistic infrastructure into the world art system.
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