Oltre la non-fiction. F for fake, così falso, così vero
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https://doi.org/10.13138/2037-7037/1624Resumen
“Quasi tutte le storie, più o meno, celano una menzogna,” ci racconta Orson Welles all’inizio di F for fake(1973). Proprio la crisi del rapporto fiction/realtà e l’esplicita messa in discussione della “referenzialità” dell’arte, nonché l’emergere di scritture che esibiscono, anziché nascondere i propri meccanismi finzionali e compositivi, ostentano il proprio riferimento non alla “vita” ma ad altra letteratura, ad altro cinema, ad altro fumetto. In altre parole, “ciò che vedo è vero, e non solo verosimile, e per questo ci credo”. Proprio il processo di finzionalizzare la realtà ha investito non solo i media, ma anche la letteratura degli ultimi decenni, innescando, da un lato il falsificare, dall’altro invece il narrativizzare, ossia tradurre il documento in racconto. Ciò comporta nel primo caso l’alterazione del dato reale, che perde le sue specificità, mentre nel secondo caso si limita invece alla commutabilità, che si rivolge più che alla natura del fondo, alla forma. Infatti la cifra finzionale e il dato cronachistico vivono e convivono contemporaneamente nel medesimo spazio narrativo. Spesso si definisce la non-fiction in opposizione alla fiction. Questa contaminazione ipermediale genera nuovi processi di ibridazione, dove i generi si perdono per un territorio comune, una sorta di terzo paessaggio in cui crescono. Proprio in questo contesto la transmedialità (“transizione mediale”) eleva a cifra stilistica possibili realtà (mondi possibili), quella virtuale e aumentata. Oggi abbiamo le telecamere, le macchine fotografiche digitali, i sistemi di comunicazione wireless, le animazioni 3D in tempo reale, la condivisione delle nostre esperienze tramite internet e i suoi sistemi, email, chat, MMOD, Facebook, Flickr, Twitter. Il fake si basa sulla questione di cos’è la verità? Chi stabilisce se un artwork è arte o no? Come si stabilisce se è lui o non è lui? Come si fa a riconoscere il bello? Quindi il fake non come falso, bensì come un ibrido movimento falso-vero, in cui nell’intermezzo sorge “un nuovo territorio ubiquo”. Proprio in questo “interstizio transmediale” vivono e pulsano incroci mobili e fluttuanti superando perfino le discipline per una transizione tra materiale-immateriale, falso-vero, fiction-non-fiction. Ecco che F for fake può essere riavvolto e “restaurato” per un re-enactment linguistico e performativo. Così vicino, così lontano, il falso diviene modello del vero oltre la non-fiction per una pratica creativa e umana, in cui tutto è differente.
“Almost all stories hide, more or less, a lie,” Orson Welles tells us at the beginning F for Fake (1973). Precisely the crisis of fiction/reality relationship and the explicit questioning of “referentiality” art, as well as the emergence of scriptures that exhibit rather than hide their fictional and compositional mechanisms, flaunt their reference not to the “life” but to other literature, for another film, for another comic strip. In other words, “what I see is true, and not only credible, and that’s why I trust it”. Just the process of “fictionalizing” the reality has involved not only the media, but also the literature of the last decades, triggering, on one the hand the fake, on the other hand the narrativize, that is translate the document into story. This results in the first case the alteration of the real data, that loses its specificity, while in the second case is confined to the switchable, which targets more than to the nature of the bottom, to the form. In fact, the fictional figure and the chronicle data live and coexist simultaneously. in the same narrative space. Often we define the non-fiction as opposed to fiction. This contamination hypermedia generates new processes of hybridization, where the genders are lost for a common territory, a sort of third scenery in which they grow. In this context the transmediality (“medial transition”) rises to stylistic cifras possible realities (worlds), and virtual and augmented. Today we have cameras, digital cameras, wireless communication systems, 3D animations in real time, the possibility to share our experiences through the internet and its systems, email, chat, MMOD, Facebook, Flickr, Twitter. Is fake based on the question of what is truth? Who determines whether an artwork is art or not? How do you determine whether it is he or is not he? How do you recognize beauty? Fake doesn’t have to be seen as false, but as a hybrid false-true movement, and in the space represented in between rises “a new ubiquitous” territory. Preciselly within this “transmedial gap” floating and mobile crossings live and trill going beyond the disciplines for a transition between the material-immaterial, true-false, fiction-non-fiction. Here F for Fake can be rewound and “restored” for a linguistic and performative re-enactment. So close, so far, the false becomes a model of true beyond non-fiction for a practice creative and human, in which everything is different.