«Costume del tempo» e «frontiere del pudore». Il reato cinematografico nell’Italia degli anni Sessanta

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Pubblicato

2023-09-08

DOI:

https://doi.org/10.13138/2704-7148/3322

Autori

  • Floriana Colao

Abstract

Negli anni Sessanta il tempo ‘che stava cambiando’ l’Italia spinse il Parlamento ad adeguare agli articoli 21 e 33 della Costituzione le norme sulla revisione degli 

spettacoli cineteatrali, esercitata dalle Commissioni di nomina ministeriale in via amministrativa ai sensi del rd. 3287/1923; la contrastata legge 161/1962 mantenne il nulla osta solo per gli spettacoli cinematografici, con una ‘discriminazione’ lamentata, tra gli altri, da Barile. L’alta magistratura e le monografie ‘moralizzatrici’ dei magistrati Mazzanti e Venditti raccomandarono «severità» nella repressione del film osceno, forti del riferimento al peraltro ‘metagiuridico’ ed ‘evolutivo’ «comune senso del pudore». In nome del favor libertatis Bricola, Vassalli, Nuvolone, Pisapia, Carnelutti, Bianchi d’Espinosa, Branca, Galante Garrone, Pulitanò, Rodotà sostennero invece un’‘interpretazione evolutiva’ degli articoli 528 e 529 del codice Rocco; lamentarono che censura e repressione non colpissero la «volgare pornografia», piuttosto la critica «politico ideologica» del governo, pur negli anni di «vita democratica». Nel 1959 Rossellini ricordò a Tupini – ministro del neo istituito Dicastero del Turismo e spettacolo – il contributo del «cinema nazionale» all’«evoluzione culturale nei nuovi tempi»; l’‘Index filmorum prohibitorum’ – da Rocco e i suoi fratelli a La dolce vita, a Accattone, Mamma Roma, La ricotta, al discorso finale de Il grande dittatore, a Tu ne tueras point, al ‘caso celebre’ Ultimo tango a Parigi – è stato banco di prova della «storica mutabilità» dei «valori socioculturali» della legislazione e della giurisprudenza.

In the 1960s the ‘time that was changing’ Italy prompted the Parliament to adapt to articles 21 and 33 of the Constitution the rules on the revision of film and theater performances, exercised by the Commissions appointed by ministerial administrative bodies pursuant to royal decree n. 3287/1923; the disputed law 161/1962 maintained the nulla osta only for cinematographic shows, with a ‘discrimination’ complained of, among others, by Barile. The high judiciary and the ‘moralizing’ monographs of magistrates Mazzanti and Venditti recommended «severity» in the repression of obscene films, strengthened by the reference to the moreover ‘metajuridical’ and ‘evolutionary’ «common sense of decency». In the name of the favor libertatis Bricola, Vassalli, Nuvolone, Pisapia, Carnelutti, Bianchi d’Espinosa, Branca, Galante Garrone, Pulitanò, Rodotà supported an ‘evolutionary interpretation’ of articles 528 and 529 of the Rocco code; they complained that censorship and repression did not affect «vulgar pornography», rather the «political- ideological» criticism of the government, even in the years of «democratic life». In 1959 Rossellini reminded Tupini – minister of the newly established Dicastery of Tourism and Entertainment – of the contribution of «national cinema» to «cultural evolution in the new times»; the ‘Index filmorum prohibitorum’ – from Rocco and his brothers to La dolce vita, to Accattone, Mamma Roma, La ricotta, to the final speech of The great dictator, to Tu ne tueras point, to the ‘famous case’ Last tango in Paris – was a test case for the «historical mutability» of the «socio-cultural values» of legislation and jurisprudence.

Parole chiave / Keywords: Italia negli anni Sessanta, tempi che cambiano, film osceno, censura preventiva, giustizia penale / Italy in the Sixties, changing times, obscene films, preventive censorship, criminal justice.