Edith Cognigni e Francesca Vitrone rispondono a Cristina Cervini

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Pubblicato

2014-11-04

DOI:

https://doi.org/10.13138/2037-7037/1007

Autori

  • Edith Cognigni unimc
  • Francesca Vitrone

Abstract

Per rispondere ai diversi quesiti posti da Cristina Cervini e, in particolare, per poter definire la didattica a distanza come subalterna rispetto a quella tradizionale, o al contrario foriera di meticciato culturale e – aggiungiamo – linguistico, è innanzitutto fondamentale chiedersi quale tipo di modello formativo ispiri una determinata formazione mediata dal computer (FAD) e, conseguentemente, quale rapporto sia possibile stabilire tra didattica a distanza e didattica in presenza. Non è un segreto, d’altronde, che talvolta i corsi a distanza siano pensati e strutturati come alternativi rispetto alla formazione in presenza, in modo da soddisfare e conciliare bisogni, per lo più di tipo logistico, di entrambe le parti coinvolte: del cosiddetto “utente” da un lato, che ha sempre meno tempo da dedicare alla formazione che, paradossalmente, è divenuta una life long learning; dell’istituzione dall’altro che, in dipendenza di una rappresentazione riduttiva della formazione a distanza come unicum, vede in essa una modalità più snella e alternativa rispetto a quella tradizionale in grado di facilitare la gestione di numeri elevati di studenti.