Suore, santi, sibille in un processo alla pittura sacra agli esordi del Seicento / Sisters, saints, sibyls in a trial to the sacred painting at the beginning of the 17th century
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https://doi.org/10.13138/2039-2362/2128Abstract
In una chiesa di un monastero di clarisse del ducato di Urbino, nel marzo del 1601, il pittore Giorgio Picchi, in accordo con i sindaci e alcune suore, tenta di distruggere gli affreschi dello stimato Giustino Episcopi, artista della generazione precedente, con la promessa di pitture più allegre e più belle. Interrogato dal tribunale ecclesiastico, Picchi viene accusato di aver violato la clausura e di aver tentato di sostituire delle immagini sacre senza le autorizzazioni previste. I sostenitori lo difesero appellandosi alla convenienza di sostituire le immagini delle sibille con più appropriate figure di santi. Il processo Picchi-Episcopi, come il celebre interrogatorio a Veronese del 1573, è un’indagine sulla pittura sacra dopo il Concilio, sulla condotta del pittore, sui soggetti e sulla maniera di rappresentarli. Attraverso documenti inediti e un confronto con la precettistica del tempo, il contributo, perseguendo un auspicio che fu di Paolo Prodi, intende offrire nuove riflessioni sull’applicazione dei decreti tridentini nelle diocesi particolari. In March 1601, in a church of a monastery of Clarisse in the Duchy of Urbino, the painter Giorgio Picchi, with the support of the mayors and some of the nuns of the convent, tried to destroy the frescoes of the esteemed Giustino Episcopi, an artist of the previous generation. Although Picchi had promised to make more cheerful and beautiful paintings, he was accused for having violated the enclosure and for having tried to replace sacred images without the required authorizations. Some witnesses defended him, appealing to the convenience of replacing the images of the sibyls with more appropriate figures of saints. The Picchi-Episcopi trial, together with the famous interrogation to Veronese in 1573, is not only an investigation on sacred painting after the Council in general, but also on the painter’s behavior, on the paintings’ subjects and on the way of representing them. Through unpublished documents and a comparison with the literature of the time, the essay, pursuing a suggestion by Paolo Prodi, intends to offer new reflections on the application of the Tridentine decrees in the particular dioceses.References
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