LA TRADUZIONE E LE IMPLICATURE CONVERSAZIONALI

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Pubblicato

2014-10-27

DOI:

https://doi.org/10.13138/2037-7037/979

Autori

  • Nevia Dolcini unimc

Abstract

Il tema della ‘traduzione’ ci porta solitamente a pensare in termini di ‘trasposizione’ di un testo da una lingua naturale all’altra o, come più spesso succede nell’attuale era della multimedialità, da un codice (visivo, acustico, ecc..) ad un altro. Ma quando si rimane all’interno di uno stesso codice linguistico, come l’italiano o un’altra lingua naturale, ha ancora senso parlare di un’attività di ‘traduzione’? Stando a Jakobson sembrerebbe proprio di si. In On Linguistic Aspects of Translation, un celebre e breve saggio del 1959, Roman Jakobson nota infatti che la traduzione comprende tre tipi di interpretazione di un segno
linguistico: la traduzione intralinguistica o riformulazione, la traduzione interlinguistica e la traduzione intersemiotica o trasmutazione.
Negli ultimi sessant’anni linguisti e semiotici si sono principalmente
impegnati nell’analisi della traduzione interlinguistica, cioè dell’interpretazione di segni verbali appartenenti ad una lingua naturale per mezzo di un’altra lingua, e delle problematiche teoriche e pratiche ad essa connesse. Sebbene la traduzione interlinguistica,o traduzione vera e propria, continui tuttora a tenere il posto d’onore nelle teorie della traduzione, le preoccupazioni dei teorici contemporanei sono dirette anche verso gli aspetti della traduzione intersemiotica, che si occupa dell’interpretazione dei segni verbali per mezzo di segni di sistemi segnici non verbali. In questo panorama la traduzione intralinguistica, cioè l’interpretazione di segni verbali per mezzo di altri segni della stessa lingua, è stata quasi del tutto trascurata.