La cultura messa a nudo dalla crisi Covid-19. Fragilità, potenzialità e riforme strutturali / Culture laid bare by the Covid-19 crisis. Fragility, potential and structural reforms
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https://doi.org/10.13138/2039-2362/2552Abstract
La crisi del settore culturale generata dalla pandemia da Covid-19 porta alla alcuni gravi limiti di cui da anni soffre il settore – frammentazione degli attori, concentrazione dell’attenzione e degli investimenti sui grandi attrattori e non sui loro contesti, conseguente dipendenza dai grandi numeri e dai grandi player digitali internazionali, ritardo nell’innovazione spesso intesa esclusivamente in termini tecnologici e non anche sociale - e ne evidenzia la difficile sostenibilità per il futuro. Ci troviamo ad un bivio vitale: se saremo in grado di assumere una nuova visione sistemica in linea con quella europea, potremo dare nuovo impulso generativo al settore intero, diversamente non si vedono i presupposti per un rilancio che sia nel contempo economica, sociale e culturale oltre che del settore anche dei territori e delle comunità. Per imboccare la strada giusta sarà necessario abbandonare la visione settoriale e marginale dell’impresa culturale. Servirà mettere in campo riforme strutturali che creino condizioni abilitanti e rimuovano ostacoli derivanti da anni di iperburocratizzazione. Sarà necessario attivare forme di partenariato intelligente in grado di coinvolgere tutti gli attori pubblici e privati in un patto che redistribuisca responsabilità e compiti nella progettazione e realizzazione di strategie integrate territoriali. Bisognerà investire non solo nell’innovazione tecnologica ma anche nel capitale umano, formando le nuove generazioni a competenze ibride non scollate dalla realtà, affinché passata la fase assistenziale il lavoro culturale possa trovare il riconoscimento e la dignità che merita. Se riusciremo in questo avremo operato una rivoluzione che consentirà alle generazioni future di vivere nella cultura, con la cultura e di cultura.
The crisis in the cultural sector generated by the Covid-19 pandemic gives evidence to some strong limitations that have affected the sector for years: fragmentation among the main cultural players; focus mostly on the major cultural and touristic attractors (not on their surroundings) as far as investments are concerned and, consequently, large numbers of tourists as first aim and international digital biggest players to depend upon; delay in the carrying out of innovative projects where technology dominates regardless of social purposes. All these elements clearly show sector’s weakness and its predictable unsustainability in the future. We face a crucial choice: if we are able to assume a new systemic paradigm in line with the European one, we will be able to provide the cultural sector with new generative impulses, otherwise there will be no conditions for an economic, social and cultural new start. For the sector by itself, but also for territories and communities. In order to address rightly, first of all we have to abandon the sectoral (and bordering) vision of the cultural enterprise. It will be also necessary to implement structural reforms that provide enabling settings and limit bureaucracy; activate smart partnerships able to engage public and private actors on the implementation of territorial integrated strategies, sharing responsibilities and tasks; invest on either technological innovation or human capital, training the new generations on all those hybrid skills required, so that, after the emergency, cultural work can finally gain in respect and dignity. If we succeed, we will have put the bases for a key-revolution that will definitely allow future generations to live by working in the cultural sector.
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