Arte, socialità, rivoluzione. «Il Rosai», Firenze, luglio 1930/Art, sociality, revolution. «Il Rosai», Florence, July 1930
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DOI:
https://doi.org/10.13138/2039-2362/2012Abstract
Pubblicato nel luglio del 1930 come “numero zero” di una rivista destinata a non vedere la luce, «Il Rosai» è un documento tra i più importanti di quello che oggi chiamiamo fascismo-movimento. Vi collaborano tra gli altri, raccolti dall’ammirazione per il pittore fiorentino di cui porta il nome, Ottone Rosai appunto, Berto Ricci, “superfascista” che di lì a poco concepirà «L’Universale» come prosecuzione diretta de «Il Rosai»; Dino Garrone, scrittore e polemista tra i più brillanti della sua generazione e Edoardo Persico, cattolico integrale e antifascista, vicino tuttavia agli altri redattori nel proposito di riforma antiborghese dell’Italia di allora. «Il Rosai» è un incunabolo di quell’interventismo della cultura di cui ha scritto a lungo Luisa Mangoni; e insieme raccoglie urgenze e inquietudini che spingeranno in seguito al lungo viaggio. Ne «Il Rosai» riconosciamo anche, ai suoi inizi, un tratto di lungo periodo della storia culturale italiana del Novecento, vale a dire l’investitura insieme religiosa e civile di un artista o gruppo di artisti. Sotto questo profilo il significato storicodell’opuscolo si estende ben oltre il tempo della sua pubblicazione. Mentre autorizza a dubitare della legittimità della categoria storico-politica del “fascismo di sinistra”, «Il Rosai» prefigura l’intreccio tra arte e politica che costituisce forse il più rilevante trait- d’union tra leavanguardie artistiche italiane degli anni Trenta e le avanguardie postbelliche, Arte povera inclusa, malgrado il profondo mutamento dicontesti geopolitici e ideologie.
Published in July 1930 as the trial issue of a magazine to come, «Il Rosai» is a higly relevant document of what we call fascismo-movimento. Collaborate on «Il Rosai» Berto Ricci, “superfascist” and mystic of the national revolution; Dino Garrone, even “superfascist”, writer and journalist, close to D’Annunzio and Malaparte; Gioacchino Contri, editor in chief of the florentine fascist magazine Il Bargello; and Edoardo Persico, catholic and anti- fascist, grown-up with Piero Gobetti between Neaples and Turin. They were gathered by the admiration for Ottone Rosai (1895-1957), the Florentine painter that gives the pamphlet its name, First World War ardito, patriot and fascist. «Il Rosai» is a sort of incunabulum of juvenile cultural dissent against Mussolini’s regime: as such, it anticipates future anxieties and explores topics we find again associated with artistic or cultural moviments of the late Thirties|early Fourties, as Corrente di vita giovanile, if not later (as for example Arte povera). A closer analysis of «Il Rosai» pushes also, both on historical and ideologicalevels, to critically discuss the notion of «Left-Wing Fascism» and to ask if, and when, we can make a proper use of it. Politically distant as they are, Ricci and Garrone, Persico and Contri demand a major public role of the artist, whose duty, in their opinion, is to be a sort of political «saint» or|and a social hero, brave, selfless, sincere. Pushed pretty beyond its aesthetical limits in a way we can legitimatelybeware, art presents itself in «Il Rosai» as the most effective surrogate of politics.
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