Lo storico, l’archeologo industriale e il patrimonio / The historian, the industrial archaeologist and the heritage

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Pubblicato

2011-11-26

DOI:

https://doi.org/10.13138/2039-2362/150

Autori

  • Renato Covino Università di Perugia

Abstract

Esiste un aspetto legato alla patrimonializzazione e alla gestione del patrimonio culturale e, nello specifico, di quello della produzione. Appare chiaro come nella omologazione di sistemi produttivi, di stili di vita e di consumo passi una gigantesca operazione culturale che ha come risultato la perdita della memoria e dell’identità. Il risultato evidente è la frantumazione dei corpi sociali e delle stesse comunità, la reazione è l’invenzione della tradizione, la ricerca di una ragione dello stare insieme in un passato spesso inventato e mitico, che produce esclusione dei diversi e spesso spinte xenofobe. Nessun aggregato sociale può vivere senza tessuti connettivi che sono anche culture diffuse, ideologie, riconoscimento vero o falso di se. La soluzione a questa “deriva” sta in una ricostruzione critica ed avvertita delle identità territoriali, viste non come elemento di chiusura, ma di apertura all’esterno. Il patrimonio può essere una chiave di questa ricostruzione critica della memoria e dell’identità, il patrimonio dell’industria con il suo carico di saperi, di aperture a traffici e commerci, di coinvolgimento emozionale che continua a suscitare in coloro ne sono stati partecipi (tecnici e lavoratori) lo può essere ancora di più. Sono questi gli snodi attraverso cui passa una ricostruzione d’identità che non rappresenti un elemento di regressione e che, al tempo stesso, riesca definire processi di coesione sociale che implicano livelli superiori di governabilità delle comunità.

There is one aspect of the capitalization and management of cultural heritage and, specifically, that of production. It is clear that the approval of production systems, lifestyles and consumption steps a gigantic cultural operation whose main result is the loss of memory and identity. The obvious result is the fragmentation of social bodies and the communities themselves, the reaction is the invention of tradition, the searching for a reason to stay together in a mythical past, and often invented, which produces the exclusion of diverse and often xenophobic impulses. No social aggregation can live without the connective tissues that are also popular cultures, ideologies, self-recognition, true or false. The solution to this "drift" is in a critical reconstruction of territorial identities, not seen as an element of closure, but openness to the outside. Cultural heritage may be a key to this critical reconstruction of memory and identity, industrial heritage with its load of knowledge, openings for trade and commerce, the emotional involvement that continues to inspire in people have been involved (technicians and workers) can be even more. These are the hubs through which passes a reconstruction of identity that does not represent an element of regression and that, at the same time, allows the definition of those processes of social cohesion that involve higher levels ofcommunities governance.
 

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Come citare

Covino, R. (2011). Lo storico, l’archeologo industriale e il patrimonio / The historian, the industrial archaeologist and the heritage. Il Capitale Culturale. Studies on the Value of Cultural Heritage, (3), 33–40. https://doi.org/10.13138/2039-2362/150